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Fp Cgil e Cgil Basilicata in piazza a Roma

Scarano (Fp Cgil Potenza): “Nei prossimi cinque anni mancheranno 1,2 milioni di lavoratori del pubblico impiego, diverse migliaia in Basilicata, e senza un adeguato turn over i tagli odierni ai servizi subiranno ulteriori incrementi, aumentando le diseguaglianze già esistenti. Per non parlare della sanità che in Basilicata è sull’orlo dell’implosione”

“Salario, salute, diritti, occupazione”. Anche la Fp Cgil di Potenza, con i dipendenti pubblici lucani e una delegazione della Cgil Basilicata, è scesa in piazza oggi a Roma per rivendicare, nella manifestazione nazionale organizzata con la Uil Fpl e la Uil Pa, da un lato la dignità delle lavoratrici e dei lavoratori e dall’altro gli stetti diritti costituzionalmente riconosciuti alle cittadine e ai cittadini garantiti proprio dai pubblici dipendenti. 

“Perché meno diritti per i lavoratori del pubblico impiego portano meno diritti per tutti. La pubblica amministrazione – affermano i segretari generali Fp CGIL Potenza, Giuliana Scarano e il segretario generale della Cgil Basilicata Fernando Mega – rappresenta il motore del paese, fattore di coesione sociale, innovazione e garanzia dei diritti delle persone. Il patto per l’innovazione del lavoro pubblico e la coesione sociale firmato da Cgil, Cisl e Uil con l’allora ministro Brunetta affermava proprio questo. La strada intrapresa dal governo Meloni va in direzione opposta. Nonostante le parole e la propaganda, le azioni dell’esecutivo ci dicono tutt’altro”

“Siamo scesi in piazza – spiega  Scarano – per rivendicare il rinnovo dei contratti collettivi di lavoro di tutti i lavoratori pubblici, per i quali serve valorizzare le capacità offrendo percorsi di carriera e maggiori risorse: è inconcepibile proporre aumenti salariali intorno al 5% quando l’inflazione è al 17%.  Il governo deve dare risposte ai lavoratori delle funzioni centrali, delle funzioni locali e della sanità, rafforzando i servizi pubblici attraverso un piano straordinario per l’occupazione attraverso concorsi pubblici e stabilizzazioni: nei prossimi cinque anni mancheranno 1,2 milioni di lavoratori del pubblico impiego, diverse migliaia in Basilicata, e senza un adeguato turn over i tagli odierni ai servizi subiranno ulteriori incrementi, aumentando le diseguaglianze già esistenti. 

Il Pnrr – aggiunge – poteva essere l’occasione per cambiare la fisionomia del paese partendo proprio dal pubblico ma così non è stato. La rimodulazione degli obiettivi ha comportato una riduzione delle risorse, e sul versante occupazionale, nel pubblico, ha prodotto solo precarietà mentre, nel privato, non ha generato nuovi posti di lavoro in relazione alla domanda di servizi pubblici. In un quadro già complesso, si innesta poi l’autonomia differenziata che, per come è stata pensata, a risorse invariate e senza aver visto il quadro di definizione dei Lep, non fa che aumentare le disparità territoriali e sociali già presenti. Un conto sarebbe il decentramento amministrativo in un contesto di unità nazionale, altro è la separazione legislativa di 23 materie delegabili che mettono in competizione i territori tra loro, indebolendo una fragile struttura amministrativa del paese (comuni piccoli e parcellizzati con poco personale, province abolite dalla riforma Delrio e poi ripristinate, politiche strategiche nazionali che diventeranno politiche regionali incapaci di competere con gli altri stati). 

Per non parlare della sanità – aggiunge Scarano – che attraversa già oggi una grave crisi di sostenibilità e che in Basilicata è sull’orlo dell’implosione: con una maggiore autonomia assisteremo a una fuga di professionisti sanitari verso le regioni in grado di offrire condizioni economiche più vantaggiose, impoverendo ulteriormente il capitale umano del Mezzogiorno; a lungo andare, tuttavia, rendendo le regioni del centro sud sempre più dipendenti da quelle del nord, sarà inevitabile un peggioramento della stessa assistenza sanitaria anche al nord, che non potrà essere in grado di reggere all’eccessiva richiesta, con il nefasto risultato non solo di far collassare la sanità del Mezzogiorno, ma di distruggere l’intero sistema sanitario italiano. 

Rischiamo, concretamente, di dover rinunciare per sempre alla più grande conquista sociale del Paese e ad un pilastro della nostra democrazia, la sanità pubblica, cedendo il passo a un sistema sanitario privatistico e uno stato sociale minimo residuale. È necessario, invece, aumentare il finanziamento del SSN, sia in termini assoluti che in rapporto al PIL per abbattere le liste d’attesa, rilanciare il ruolo e la funzione dell’assistenza territoriale, adeguando contestualmente la rete ospedaliera, costruire e rafforzare le reti di sostegno alle persone anziane, a partire dalla garanzia di risorse per la non autosufficienza. 

Era necessario far sentire la nostra voce a governo autoreferenziale – conclude Scarano – alle prese con la definizione della prossima Legge di Bilancio, una legge di bilancio che dovrebbe dare risposte alle persone in un contesto socio economico complesso, ma che non risponde alle istanze dei lavoratori e dei pensionati e che non dialoga con le parti sociali. Non dobbiamo dimenticare che più indeboliamo l’intervento pubblico, più l’accesso ai servizi e la garanzia dei propri diritti dipenderà dalla possibilità economica di ciascuno e del territorio in cui si vive. Non ci stancheremo di ripeterlo e di scendere in piazza per garantire i diritti dei dipendenti pubblici che sono i diritti di tutti e tutte”.