Ancora una volta assistiamo al consumarsi dell’ennesima emergenza nella sanità lucana. La
chiusura temporanea della pediatria e del reparto di ostetricia dell’ospedale di Melfi è solo la punta
dell’iceberg di una situazione ormai insostenibile nella quale versa il presidio di Melfi, come tutti gli
altri presidi ospedalieri territoriali afferenti all’azienda San Carlo.
Come si può pensare di tenere in piedi una UOC con un unico dirigente medico, che ne è anche il
primario? Quel che è certo è che la convenzione attivata a decorrere dal 1 gennaio con l’azienda
ospedaliera San Pio di Benevento per l’acquisto di prestazioni presso l’UOC di Neonatologia e TIN
del San Carlo e del punto nascita di Melfi – l’acquisto di 200 ore mensili per ciascuna struttura fino
ad una spesa complessiva massima di 300mila euro annui- è l’ennesima misura tampone perchè,
come ha dimostrato la recente chiusura – una cosa è integrare prestazioni esistenti, altra cosa è
sostituire l’inesistente.
D’altronde non versano in condizioni migliori altre unità operative dell’ospedale: si lavora con un
solo ortopedico presente esclusivamente di mattina, come del resto accade anche nella UO
cardiologia, dove la turnazione viene coperta con grandi difficoltà.
L’agonia della rete ospedaliera disegnata dalla legge 2 del 2017 si sta materializzando, acuita dalla
grave carenza di personale cui auspichiamo si faccia fronte avviando le procedure concorsuali e di
stabilizzazione previste dal piano dei fabbisogni regionali della sanità recentemente approvato.
Quello che è accaduto in questi due anni è sotto gli occhi di tutti, il San Carlo si è fatto carico dei
costi e delle problematiche di gestione ordinaria degli ospedali di base operando in una
contraddizione di fondo, chiamato da una parte ad essere polo eccellenza, dallʼaltra, occupato ad
impegnare gran parte delle sue risorse strumentali ed umane in prestazioni specialistiche di primo
livello per far fronte alle carenze di un territorio che non offre proposte alternative sufficienti. Ecco
perchè gli attuali ospedali territoriali per acuti vanno potenziati garantendo la sicurezza e qualità
nelle cure , altrimenti non avrebbero ragion di essere.
Si rende necessario, quindi, ridefinire un nuovo equilibrio tra lʼassistenza ospedaliera e quella
territoriale, attraverso un modello di assistenza sempre più decentrato, più vicino al cittadino anche
logisticamente, che includa una riorganizzazione della rete ospedaliera e il potenziamento dei
servizi territoriali, della medicina distrettuale garantendo la gestione delle emergenze urgenze,
nellʼottica di un sistema regionale unitario. Un aspetto, questo, appena sfiorato dal riordino del
2017 che attende di essere ridisegnato per affrontare la crescente domanda di cure e di assistenza
verso le cronicità, in cui il bisogno è in crescita.